La fertilità del suolo dell’isola di Lipari è dovuta principalmente alle sue ceneri vulcaniche che, in passato, hanno visto la formazione di boschi di quercia e leccio.
Nel corso degli ultimi due secoli, la lussureggiante macchia mediterranea è stata in gran parte sostituita da coltivazioni realizzate dalle generazioni di contadini che si sono susseguite sull’isola. Costretti all’autosufficienza dalle difficoltà di comunicazione con la terraferma, hanno ricavato campi e terrazzamenti delimitati da muretti a secco, che hanno dato via ad un incremento delle produzioni agricole.
Nonostante l’attività sia stata sensibilmente ridotta, negli ultimi anni è stato registrata una ripresa da parte di privati che hanno scelto di dedicarsi produzioni di nicchia che valorizzano, in particolar modo, i vini locali (oltre ad olio e altre conserve alimentari).
L’elemento caratterizzante dell’agricoltura isolana è sempre stato il vigneto. Oggi, agli antichi impianti su terrazzamento, si affiancano i nuovi tra cui, i più rappresentativi, i vigneti di Malvasia - il “nettare degli dei” apprezzato fin dai tempi più remoti. Mescolato in lieve percentuale alle uve di Corinto Nero, risulta un nettare giallo dorato e talvolta ambrato, dal sapore dolce e aromatico. Si tratta di un vino da dessert che si può godere al meglio nei primi due anni di vita. Lasciando appassire e poi invecchiare le stesse uve, si ottiene un ottimo e gustoso passito dolce naturale, altrettanto apprezzato degli estimatori delle produzioni vinicole eoliane.